di Marco Rizzi

“A revolution that works”. Questa è la tagline di una delle pubblicità della Air Max 1, probabilmente la più azzeccata tra quelle scelte dal team di pubblicitari di Nike per il lancio del modello nel 1987. Il processo che portò alla nascita della Air Max 1 (semplicemente Air Max, nel 1987) iniziò nel 1985, quando un giovane architetto da poco riscopertosi designer di scarpe sportive di nome Tinker Hatfield decise che avrebbe utilizzato il background appreso durante i suoi studi di architettura per disegnare dei modelli che fossero slegati dalle richieste del brand o dalle dinamiche di marketing da proporre ai vertici di Nike. La principale tecnologia utilizzata al tempo a Beaverton era ovviamente l’Air che, però, era ancora qualcosa di sperimentale e quasi fantascientifico. Non potendo effettivamente “vedere” come la tecnologia funzionasse, i clienti dovevano fidarsi del brand andando ad investire su modelli dalle ottime prestazioni come Tailwind e Pegasus, nonostante il retail fosse più alto rispetto a quello die modelli dei competitors.

Hatfield decise quindi di investire tempo ed energie per ideare il primo modello Nike da corsa con “aria visibile” e, come spesso capita, l’ispirazione arrivò in maniera molto particolare.

Come molti sanno, ad ispirare forma e colori dell’Air Max 1 fu il Centre Georges Pompidou di Parigi, disegnato da Renzo Piano. La struttura del palazzo è concepita in modo da mostrare tutto ciò che normalmente viene nascosto, come tubi, cavi e condutture per l’aria utilizzando colori vivaci per distinguerle e permettere ai visitatori di concepirne il funzionamento. Questa idea di “inside out”, diede ad Hatfield la spinta per la creazione delle prime bozze della Air Max 1, oggi conosciuta come “Air Max Zero”. I primi samples di quella che oggi è l’Air Max 1 vennero prodotti a partire dal 1986 con una midsole diversa, senza scanalature, ed una bolla molto più grande e morbida a cui era permesso dilatarsi durante la corsa “uscendo” dalle finestre sulla midsole. La tomaia in mesh e suede sintetico ed il particolare disegno dei pannelli introducono molti dei tratti che caratterizzeranno il design delle scarpe da corsa degli anni successivi rendendo, sotto certi punti di vista, la Air Max 1 una delle prime scarpe da corsa “moderne” prodotte da Nike. La prima versione in pelle della Air Max 1 risale al 1988, mentre la prima “retro” è del 1992 ed ha un dettaglio unico nella storia del modello. Infatti, Nike decise di produrre un ibrido utilizzando la tomaia in pelle della Air Max 1 e la suola della Air Max 90. Bisogna considerare che si parlava ancora di modelli performance ed il tooling della ’90 veniva considerato molto evoluto per design e costruzione rispetto a quello del modello del 1987.

Oggi la Air Max 1 (come è stata rinominata ufficialmente per motivi di marketing) è una vera icona nel mondo delle sneakers, grazie anche alle numerose collaborazioni e riedizioni di cui è stata protagonista. La prima collaborazione in assoluto risale al 2002, quando il retailer giapponese Atmos lanciò la Air Max 1B “Safari”, utilizzando appunto il celebre pattern Nike in una colorazione molto paricolare, considerata tra le più belle mai prodotte. A partire dal 2015 ogni 26 marzo si festeggia l’Air Max Day, ovvero il giorno in cui il modello originale venne lanciato, nel 1987. Spesso per l’occasione vengono rilasciate particolari colorazioni o edizioni limitate dei vari modelli della linea Air Max, come successo nel 2017 con la Air Max 1 “Masters of Air”, una versione in cui un patchwork riassume alcuni dei dettagli delle più celebri colorazoni di Air Max 1 prodotte nel corso di trent’anni, scelte da alcuni dei principali collezionisti al mondo.

Author Marco Rizzi