di Marco Rizzi

Nella maggior parte dei casi, quando si parla di sneakers che hanno un ruolo nella Storia (quella vera, con la S maiuscola), si tratta di modelli celebri perché coinvolti in importanti avvenimenti sportivi ormai parte della cultura popolare. È molto più raro invece che una sneaker sia associata a fatti che hanno segnato la politica e le dinamiche sociali, come successo con la Puma Suede.

La Suede è, senza dubbio, il modello più celebre tra quelli prodotti da Puma durante la sua lunga storia. Prodotta dal brand tedesco a partire dal 1968, la Suede nasce come un modello da basket prodotto, appunto, in suede. Un caso raro in un mercato dominato da modelli in pelle e canvas.

Nello stesso anno, proprio degli scarpini Puma sono ai piedi di due giovani atleti afroamericani di nome John Carlos e Tommie Smith che, durante la finale dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico si guadagnano rispettivamente la medaglia di bronzo e la medaglia d’oro, con tanto di nuovo record mondiale. Sul podio per ascoltare gli inni nazionali sono però a piedi nudi: le loro Puma Suede nere sono appoggiate di fianco a loro, i pugni alzati avvolti nei guanti ad eseguire il saluto delle Black Panthers, il contestatissimo gruppo rivoluzionario afroamericano. Come detto l’anno in questione è il 1968: il Messico ospita le Olimpiadi nonostante gli scontri e le stragi operate dal governo del presidente Diaz, gli Stati Uniti d’America sono ancora flagellati dal razzismo e Martin Luther King è morto soltanto da pochi mesi. La magnitudo di questo gesto è incalcolabile e, come prevedibile, non ci sono gloria e riconoscimenti ad aspettare Carlos e Smith al loro ritorno a casa.

Pochi anni dopo, nel 1972, sarà un altro atleta afroamericano di enorme successo ad indossare le sue Puma per raccogliere successi. Si tratta del giocatore dei New York Knicks Walt “Clyde” Frazier, insieme a kareem Abdul-Jabbar uno dei primi atleti ad avere una scarpa con il proprio nome, la Puma Clyde appunto. Frazier è un personaggio che, negli Stati Uniti, verrebbe definito “bigger than life”: macchine di lusso, fedora e completi gessati in stile “black mafia” ed un soprannome che arriva diretto dal personaggio di Gangster Story Clyde Barrow.

Il personaggio di Clyde Frazier contribuisce a stringere il legame tra la Puma Suede e la cultura afroamericana, legame che diventa ancora più stretto quando la nascente scena Hip-Hop newyorkese adotta la Suede come “divisa”. Il modello, infatti, si rivela ottimo per ballare la breakdance, grazie alla dura suola in gomma ed alla flessibilità della tomaia. I moltissimi colori prodotti permettono ai giovani B-Boys di arricchire i propri outfit, indossando spesso le Suede con degli enormi lacci che riprendono il colore della Formstrip. Il modello diventa così sempre più celebre, tanto da apparire nel film culto del 1984 Beat Street. La Suede era ai piedi dei ragazzi di Harlem e del Bronx, ma anche ai piedi dei membri di gruppi di B-Boys leggendarie come la Rocksteady Crew o di rapper e DJs del calibro di LL Cool J e Grandmaster Flash.

Ancora oggi l’appeal e la celebrità della Puma Suede non si sono spenti, rendendo questo semplice modello da basket degli anni ’70 uno dei top seller del brand tedesco ed una vera icona della cultura afroamericana, dagli anni ’70 ad oggi, quando viene spesso riproposta in colorazioni classiche o mai viste prima, pagando tributo alla scena Hip Hop (come nelle recenti collaborazioni prodotte per il cinquantesimo compleanno del modello) o come base per i lavori di designers emergenti.

Beat Street (1984)
Directed by Stan Lathan
Shown: Robert Taylor

Author Marco Rizzi